La Manhattan africana. Il primo colpo d’occhio che Abidjan riserva al viaggiatore, che approccia la metropoli dal mare verso l’interno, lascia col fiato sospeso: in mezzo a una vegetazione esuberante, tipicamente equatoriale, svetta una piccola e sorprendente “Manhattan”. Sono i grattacieli del Plateau, il cuore pulsante della città, il quartiere degli affari, dell’amministrazione e della vita mondana. Capitale dell’ex colonia francese anche dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1960, e fino al 1983 quando venne ufficialmente spostata a Yamoussoukro, Abidjan è ancora il motore economico del paese. Sospesa tra i placidi canali della laguna Ebrié e l’ondoso oceano, con quasi cinque milioni di abitanti, l’urbanistica degli ultimi decenni si è sviluppata in verticale dando alla città un profilo e uno skyline che, ammirandolo anche di notte, illuminato e sfavillante di colori, suggerisce l’impressione di essere altrove, non certo in Africa.
Tradizioni ancestrali. Il popolo Baoulé è un’etnia di discendenza Akan originaria del Ghana che, in comune coi loro affini Ashanti, ha mantenuto una radicata gerarchia sociale ma allo stesso tempo ha colto spunti dalle vicine culture autoctone per ampliare e rielaborare le proprie tradizioni. Abili artigiani del legno, si distinguono per la loro ricca e finissima produzione di statue raffiguranti il mondo sacro degli spiriti. I momenti più importanti della comunità, che si tratti di cerimonie propiziatorie, funebri o di benvenuto, culminano con l’uscita e la danza delle maschere rituali, le quali si interpongono tra il mondo degli spiriti e il mondo degli uomini. Le danze Goli, o “Kplé Kplé”, sono riconosciute come l’espressione più alta dell’arte del popolo Baoulé e, accompagnate dalla musica e dal coinvolgimento collettivo, consistono nell’uscita di maschere in legno di diverse tonalità cromatiche, solitamente di quattro coppie: maschere facciali a forma di disco, maschere zoomorfe, maschere facciali sormontate da corna e maschere antropomorfe.
Grandiosità religiosa. La Costa d’Avorio detiene un insolito primato: ospita una copia della Basilica di San Pietro del Vaticano, la quale vanta un’altezza addirittura superiore rispetto all’originale. La Basilica di Nostra Signora della Pace di Yamoussoukro, uno dei più grandi luoghi di culto della cristianità, il secondo al mondo, per l’esattezza. Voluta dal primo presidente del paese, Félix Houphouët-Boigny, e progettata dall’architetto Pierre Fakhoury sul modello della basilica di San Pietro, fu costruita tra il 1985 e il 1989. La colossale opera di marmo è costata circa 250 milioni di euro. Fu consacrata da papa Giovanni Paolo II il 10 settembre 1990; Papa Wojtyła accettò di essere presente alla consacrazione solo a patto che accanto alla basilica venisse poi costruito un ospedale. A confermare le imponenti dimensioni dell’edificio sacro, numeri da capogiro: la cupola è alta 60 metri, la superficie totale è di 30.000 metri quadrati e le 128 colonne di marmo hanno un diametro di 2,20 e un’altezza di 21 metri; all’interno si trovano 36 vetrate a mosaico, per una superficie di 7.363 metri quadrati, realizzate artigianalmente in Francia ed in Italia. Ad arricchire gli interni della basilica, un presepe in ebano e una croce in oro che pesa ben 13 kg.
Il passato coloniale divenuto Patrimonio. Prima capitale della Costa d’Avorio alla fine dell’Ottocento, a circa quaranta chilometri di distanza da Abidjan, Grand Bassam si adagia su una striscia di terra compresa fra le onde dell’oceano e le placide acque della laguna. Antico porto da cui salpavano i grossi carichi di legname pregiato, fu il cuore economico e commerciale della ex colonia fino agli anni ’30-’40 del secolo scorso, quando l’amministrazione francese decise di implementare la navigabilità interna della laguna Ebrié, costruendo un porto ad Abidjan e sottraendole dunque la scena. Ma i riflettori su Grand Bassam non si sono mai spenti: la città ha sempre mantenuto vivace il suo eclettico senso artistico. Abili scultori, eccentrici pittori e artigiani tintori si cimentano ogni giorno nelle botteghe e nei laboratori, sparsi tra i grandi viali alberati adorni di magnifiche bouganville e arricchiti da una raffinata architettura coloniale, che ha valso al centro storico della città l’inclusione nel Patrimonio UNESCO, avvenuta nel 2012.