Pianificacare la ripartenza, sostenere la digitalizzazione e l'ammodernamento delle strutture e ridurre il costo del lavoro. Il presidente di Assoturismo Vittorio Messina inaugura il nostro viaggio tra le associazioni di categoria per capire lo stato dell'arte attuale delle imprese del turismo ed approfondire con loro i punti salienti su cui il Governo deve intervenire a sostegno del settore.
Qual è l’attuale situazione degli affiliati? Quali le preoccupazioni?
La principale preoccupazione degli imprenditori della filiera del turismo è certamente legata all’incertezza della ripartenza. Si è passati, infatti, da una ‘ripartenza’ prevista per l’estate 2020, alla quasi certezza di un rinvio a non prima di settembre 2021, quando ci sarà una percentuale di vaccinati tale da consentire di poter ricominciare a muoversi e viaggiare in sicurezza. Chiaramente, da oggi a settembre ci sono davanti nove duri mesi con cui confrontarsi, cercando di sopravvivere e traghettando le nostre imprese alla fine di questa pandemia.
Quali sono le misure che avete chiesto al Governo per poter affrontare questa nuova fase di crisi?
Al Governo chiediamo ‘programmazione’, che venga pianificato il futuro delle imprese nel breve periodo. Infatti, accanto ai provvedimenti che servono a contenere le perdite, a far sopravvivere le nostre aziende, si avverte sempre di più la necessità di programmare le misure in vista della ripartenza, per consentire alla filiera turistica italiana di essere pronta e di non essere ‘bruciata’ nello sprint iniziale da paesi concorrenti come Francia, Spagna. Per questo, accanto a richieste come la proroga dei mutui, la sospensione dei pagamenti, dei tributi locali, delle tasse, delle cartelle esattoriali, chiediamo anche misure che consentano di potere riammodernare le nostre strutture, digitalizzarle, renderle più competitive attraverso provvedimenti specifici, ad esempio con un abbassamento delle aliquote IVA e una riduzione del costo del lavoro. Inoltre, ribadiamo la necessità che nel Recovery Plan venga stanziata una somma adeguata a favore della filiera turistica che rappresenta il 13% del Pil nazionale e che sia previsto una sorta di ‘piano di ricostruzione del settore turismo’ a calare sui fondi strutturali, così come è stato fatto in passato in tema di ‘ricostruzione e riconversione industriale’.
Ad oggi, facendo una proiezione seppur indicativa dei prossimi anni, quanto tempo ci vorrà per tornare alla ‘normalità’?
Abbiamo davanti un percorso lungo di ripresa del turismo: i primi segnali di ripresa significativi non si vedranno prima del 2022 e per tornare a livelli accettabili di flussi turistici occorrerà attendere almeno 3 anni.
Cosa serve a suo avviso per far ripartire l’economia e in particolare il settore del turismo organizzato dopo la pandemia?
In primis far recuperare al turista fiducia nel viaggiare poiché, anche dal punto di vista psicologico, dovrà certamente superare gli ostacoli mentali nel progettare la vacanza: il Covid ha, inevitabilmente, cambiato e continuerà a cambiare le abitudini di viaggio.
Come cambierà il modo di fare turismo per il turismo organizzato? Quali saranno le nuove competenze richieste per essere competitivi sul mercato?
Dovremo convivere ancora per molto tempo con le mascherine, specie nei luoghi affollati e di conseguenza le strutture, specie quelle delle città d’arte, dovranno creare nuovi spazi, attuare protocolli standard di sicurezza sanitaria, organizzare il lavoro in modo diverso, nuovo: per questo chiediamo fondi anche per la formazione di dipendenti ed imprenditori. In sostanza, ci aspetta un nuovo modo di pensare e soprattutto di fare turismo, di fare impresa nel turismo, una nuova professionalità.