Il viaggio è nostro: la rotta più difficile? Smettere di esibirsi
Viaggiamo per desiderio o per applausi? Tra notriphobia e staycation, riscopriamo la libertà di partire solo per noi stessi.
C’è chi quest’estate ha fatto la 'staycation' (ossia le vacanze a casa o comunque nei paraggi) per scelta e chi per portafoglio, ma quasi tutti si sono chiesti: “Sembrerò uno sfigato?”. Domanda rivelatrice. Perché, diciamolo, la pressione a mostrare è diventata più forte di quella a fare. Ecco che nasce la 'notriphobia', la paura di non viaggiare abbastanza o – peggio – di non viaggiare come gli altri. Il viaggio, da esperienza personale, diventa status. Non più mappa, ma medaglia.
Siamo diventati così allenati a misurarci con lo sguardo altrui che la domanda non è più “mi piace?” ma “piacerà?”.
Lo vediamo ogni giorno. Si va in quel ristorante perché davvero ci attira o perché farà colpo su chi vedrà la foto del piatto lasciandolo con in bocca una forchettata di 'wow'? Si prenota un trekking perché amiamo davvero il silenzio del bosco o per la foto in cima al crinale? Ci concediamo una crociera sontuosa per respirare la brezza del mare aperto o per la caption con l’hashtag giusto?
Il problema non sono i social in sé: questi sono la scusa perfetta per una vecchia ossessione umana, quella di piacere agli altri, di affascinare, di essere ammirati e – ammettiamolo – invidiati. Solo che oggi l’acclamazione è globale e istantanea. E così anche i viaggi finiscono etichettati come prodotti da vetrina: “esperienze iconiche”, “posti imperdibili”, pacchetti studiati per essere instagrammabili. Funziona? Eccome. Ma intanto la sorpresa si spegne, la scoperta si trasforma in un copione già letto troppe volte. Una replica che alla lunga annoia e svuota il teatro.
Il paradosso è che anche l’industria turistica rischia di diventare – volontariamente o involontariamente – complice. I tour che promettono “la foto perfetta”, i micro-itinerari disegnati per far brillare il feed. Trascina, certo: vende. Ma a quale prezzo?
Finiremo tutti a recitare la stessa parte: vacanze su yacht presi in affitto per un fine settimana, espressioni calibrate, felicità di facciata. E intanto la vita vera scorre altrove. Sorrisi da selfie per un pubblico senza volto di cui, a stento, sentiamo battere le mani a ritmo di like e cuoricini.
Ma attenzione, non è una questione di “piccolo è bello” o di accontentarsi: se ti emoziona un viaggio attorno al mondo, mettiti in marcia! Se puoi permetterti un resort cinque stelle, goditelo. Ma fallo perché vuoi tu, non perché gli altri possano desiderare di essere al tuo posto. Un viaggio si compra, la felicità no.
Oscar Wilde l’aveva capito prima di tutti: “Be yourself; everyone else is already taken”. Essere se stessi è ancora l’atto più coraggioso.
Il tempo, del resto, è l’unica moneta che non si rimborsa. Sprecarlo per sedurre uno spettatore invisibile è il vero lusso che non possiamo permetterci. Viaggiamo, sì. Ma che la nostra prossima partenza sia davvero nostra. Gli applausi, se arrivano, che siano solo un dettaglio quando cala il sipario.
Gaia Guarino