Turismo accessibile: da nicchia a leva di competitività. L’Italia è pronta alla sfida?
Ne abbiamo parlato con William Del Negro, fondatore di Willeasy e ideatore di Accessibility for Future 2025.
Il turismo accessibile non è più una nicchia, ma un segmento in forte crescita che, secondo le stime, raggiungerà un valore di 88,6 miliardi di euro entro il 2030. Un’opportunità che riguarda da vicino anche l’Italia, chiamata a trasformare l’inclusione in leva di competitività internazionale. Ne abbiamo parlato con William Del Negro, fondatore di Willeasy e ideatore di Accessibility for Future 2025, che a Udine porta esperienze, modelli e soluzioni per un turismo davvero “per tutti”.
Il turismo accessibile è stimato raggiungere un valore di 88,6 miliardi di euro entro il 2030: quali sono, secondo voi, i principali driver che stanno accelerando questa crescita in Europa e in Italia?
Uno dei principali driver della crescita del turismo accessibile in Europa e in Italia è senza dubbio l’invecchiamento della popolazione, che porta con sé un aumento di viaggiatori senior con esigenze specifiche. A questo si affianca un altro dato di realtà: le persone con disabilità o con necessità particolari sono sempre di più e rappresentano una parte significativa del mercato turistico.
Ma il fattore forse più importante è il cambio di mentalità. Siamo passati da un tempo in cui la persona con disabilità veniva etichettata come “invalida” o “handicappata”, spesso costretta a vivere la propria condizione con vergogna e isolamento, a un presente in cui la consapevolezza è diversa: chiunque, con o senza disabilità, ha il diritto di alzare la testa, guardarsi allo specchio e riconoscersi come persona, con il desiderio di vivere la vita pienamente, viaggiando e scoprendo il mondo come tutti gli altri.
Il turismo accessibile non è quindi una nicchia, ma la naturale risposta a una società che sta imparando a vedere la diversità come normalità.
Molti operatori turistici faticano ancora a integrare pratiche realmente inclusive. Quali strumenti concreti o modelli di business saranno presentati durante l’evento per aiutarli a compiere questo passo?
Durante Accessibility for Future 2025 offriremo agli operatori strumenti molto concreti, a partire dalle buone pratiche: esploreremo esperienze già attive in diversi comuni italiani, ma anche in città e località europee come Polonia, Portogallo, Grecia e Spagna, per mostrare come sia possibile trasformare l’accessibilità in valore aggiunto per il territorio.
Avremo testimonianze dirette di realtà che hanno fatto dell’inclusione il loro modello di business: da Village4All a Flumen Viaggi, fino ad Avventure Accessibili di MariaCristina Casali, una delle startup selezionate per la nostra competition. Inoltre, nel corso dell’evento i partecipanti potranno conoscere da vicino soluzioni sviluppate da aziende specializzate nello sport inclusivo, nel tempo libero e negli adattamenti per la guida autonoma, strumenti che permettono di rispondere concretamente alle esigenze di viaggiatori con necessità specifiche.
In questo modo, gli operatori avranno l’opportunità non solo di ispirarsi, ma di vedere con i propri occhi modelli replicabili e tecnologie già disponibili per rendere più inclusiva e competitiva la loro offerta.
“Turismo per tutti” significa anche collaborazione tra diversi settori: istituzioni, imprese, trasporti, ricettività. Dove vede oggi i maggiori punti di forza e quali, invece, i principali gap da colmare?
In Italia il principale punto di forza è che esistono molte realtà dinamiche, sia pubbliche sia private, che hanno iniziato a muoversi in direzione dell’inclusione: dalle amministrazioni locali che avviano progetti mirati, alle imprese che sviluppano soluzioni innovative, fino alle associazioni che portano avanti percorsi di sensibilizzazione e formazione. C’è fermento e una crescente consapevolezza del valore che il turismo accessibile può generare.
Il vero gap, però, resta quello indicato anche da Alessandra Priante, presidente di ENIT, durante l’edizione 2024 di Accessibility for Future: manca un vero “sistema Paese”. Oggi molte realtà si muovono in autonomia, spesso addirittura in concorrenza tra loro, invece di lavorare in rete verso un obiettivo comune. Questo porta a un’enorme frammentazione: informazioni disperse, standard non condivisi, difficoltà di collaborazione tra istituzioni, imprese, trasporti e ricettività.
Un obiettivo che Willeasy porta avanti da anni, sia in Italia che all’estero, è proprio la definizione di uno standard di dati aperti e oggettivi per la mappatura dell’accessibilità di luoghi, strutture, eventi e trasporti pubblici. Un modello di questo tipo permetterebbe di uniformare il lavoro di tutti, creare sana concorrenza nello sviluppo di soluzioni basate su una base dati comune e ridurre drasticamente i costi di raccolta, elaborazione e diffusione delle informazioni.
La sfida è quindi passare da tanti progetti isolati a una visione strategica e coordinata, dove ogni attore diventi parte di un ecosistema inclusivo capace di generare crescita comune. Ed è proprio questo il ruolo che vogliamo che Accessibility for Future assuma: un luogo in cui mettere insieme competenze, esperienze e prospettive, per costruire davvero un percorso condiviso.
Le destinazioni italiane sono pronte a intercettare la domanda crescente di viaggiatori con esigenze specifiche? Ci può citare qualche esempio virtuoso che sarà raccontato a Udine?
Credo che in Italia ci sia ancora molta strada da fare. Grazie ai fondi del PNRR alcuni passi avanti sono stati compiuti e non mancano eccellenze e buone pratiche, ma restano esperienze “a macchia di leopardo”. Durante AFF2025 ascolteremo le testimonianze di diversi amministratori pubblici – da Firenze a Torino, da Cirò Marina a Udine, da Pordenone a Genova e molti altri – che porteranno esempi concreti di come le loro città stanno affrontando la sfida dell’inclusione.
Non possiamo però ignorare un dato: in Italia esiste da anni la legge sui PEBA (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), ma quanti comuni hanno davvero realizzato e attuato questi piani? Pochissimi. All’estero, invece, vediamo città che hanno adottato un approccio diverso: l’accessibilità è integrata in ogni scelta di progettazione, sempre in ottica di design universale. Questo è il vero salto di mentalità che ci manca: considerare l’accessibilità non come un obbligo o un vantaggio in più nei bandi di finanziamento, ma come una priorità intrinseca allo sviluppo dei territori.
Detto ciò, non voglio fare di tutta l’erba un fascio: sempre più amministratori pubblici stanno iniziando a guardare seriamente all’accessibilità come opportunità, riconoscendo che un territorio inclusivo è un territorio più attrattivo, competitivo e sostenibile.
Accessibility for Future 2025 si rivolge non solo agli operatori, ma anche a scuole e famiglie: quanto conta la sensibilizzazione delle nuove generazioni nel costruire un futuro turistico davvero inclusivo?
Educare le giovani generazioni è forse la sfida più bella e la parte che ci dà più soddisfazione. I bambini, soprattutto nelle scuole primarie, non hanno ancora pregiudizi: sono curiosi, fanno domande, cercano di capire le differenze e arrivano presto alla conclusione che, in fondo, siamo tutti uguali. Se imparano fin da piccoli a guardare l’altro senza barriere culturali, cresceranno adulti capaci di costruire un mondo inclusivo.
Per questo abbiamo dedicato ampio spazio a scuole e famiglie. Durante AFF2025 avremo il concerto dei Ladri di Carrozzelle, che vedrà la partecipazione di quasi 500 ragazzi e ragazze delle scuole secondarie di primo grado; i laboratori con la Pimpa e con Milla pensati per i più piccoli; e le testimonianze di campioni paralimpici come Matteo Paranzan e Michele Pittacolo, accanto a quelle di atleti senza disabilità come Michele Antonutti, ex capitano della squadra di basket APU Udine.
Non mancheranno momenti di dialogo con artisti e performer, attività sportive inclusive e incontri in cui i giovani potranno essere protagonisti non solo come spettatori, ma anche come volontari, vivendo in prima persona l’organizzazione e lo spirito del festival. In questo modo, l’educazione all’inclusione non resta un concetto astratto, ma diventa esperienza concreta di cittadinanza attiva.
Guardando al medio periodo, quali opportunità può offrire il turismo accessibile non solo in termini etici e sociali, ma anche di competitività internazionale per le destinazioni italiane?
L’Italia è il Paese con più siti UNESCO al mondo ed è riconosciuta ovunque come una delle mete più affascinanti per storia, cultura e paesaggi. Purtroppo, però, non è ancora una destinazione per tutti. Prima di cambiare l’Italia dobbiamo cambiare gli italiani: è un lavoro culturale che passa dalle nuove generazioni, perché – come dicevamo prima – i giovani hanno meno pregiudizi e più voglia di costruire un futuro diverso.
Con Accessibility for Future non abbiamo la presunzione di cambiare il mondo, ma il desiderio sincero di lasciare un segno. Il tema del primo giorno è “Linking and shaping”: vogliamo creare connessioni, unire i puntini, ridisegnare passo dopo passo la cultura in un’ottica più inclusiva. La nostra missione è mettere attorno allo stesso tavolo le persone giuste, perché solo insieme si possono ottenere grandi risultati.
E quando mi chiedono chi sono i nostri competitor, la mia risposta è sempre la stessa: io non amo vedere le altre realtà come concorrenti, ma come potenziali partner. Perché il turismo accessibile, oltre a essere una questione etica e sociale, è una straordinaria opportunità di competitività internazionale: un’Italia più inclusiva è un’Italia più attrattiva, capace di distinguersi sul mercato globale e offrire a tutti la possibilità di vivere le sue bellezze senza barriere.
Giuseppe Focone