Giornata internazionale delle persone con disabilità: accessibilità, non un favore ma un diritto. Il turismo è pronto?
Il 3 dicembre ricorda che la pari dignità non si celebra: si pratica. Nel turismo l’accessibilità resta una sfida aperta tra visione, servizi e verità.
Oggi, 3 dicembre, ricorre la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Una data che rischia spesso di trasformarsi in un rituale di buone intenzioni, dichiarazioni di principio e hashtag solidali. Ma la verità - nuda e scomoda - è che la pari dignità non si celebra: si garantisce, ogni singolo giorno.
Non è un’agenda tematica, non è un concetto astratto, non è una nicchia di mercato: è un diritto. E come tale pretende coerenza, visione e impegno reale da parte di tutti, istituzioni e settore privato, destinazioni e imprese turistiche.
In un mondo che si muove, letteralmente, a una velocità sempre maggiore, il turismo dovrebbe essere il luogo per eccellenza dell’inclusione: lo spazio in cui sentirsi parte, non esclusi. Accolti, non tollerati. Eppure l’accessibilità nel turismo, è ancora troppo spesso raccontata più che praticata.
Oltre le rampe e i cartelli: che cosa significa davvero turismo accessibile?
Il dibattito pubblico tende a ridurre l’accessibilità a una questione di barriere architettoniche: rampe, ascensori, servizi igienici adeguati. Ma il turismo accessibile - quello vero - è molto più complesso, articolato e ambizioso. Perché viaggiano persone con esigenze fisiche, sensoriali, cognitive, relazionali più disparate. Viaggiano famiglie, anziani, persone con disabilità temporanee, caregiver. Viaggiano, viaggiamo tutti. E spostarsi, per chiunque, dovrebbe essere un diritto semplice, non una corsa a ostacoli. Turismo accessibile significa possibilità, non pietà. Significa autonomia, non assistenza. Significa partecipazione, non concessione. E per la travel industry significa ripensare ogni fase della customer journey: dall’informazione alla prenotazione, dai trasporti all’esperienza, fino al ritorno a casa.
1. Accessibilità è informazione affidabile
Il primo ostacolo è spesso invisibile: la mancanza di informazioni chiare. È inutile un hotel perfettamente attrezzato se sul sito non si trovano misure delle porte, tipologia dei servizi, dettagli su ascensori, percorsi tattili, livelli di rumorosità. Accessibilità senza trasparenza non esiste.
2. Accessibilità è progettazione per tutti
Non si tratta di “aggiungere” soluzioni per qualcuno, ma di progettare per tutti, dal principio. Universal design, formazione del personale, flessibilità dei servizi: un ecosistema che funziona per le persone con disabilità funziona meglio per tutte le altre.
3. Accessibilità è esperienza, non solo struttura
Un museo con un ingresso adattato ma senza audioguide inclusive tradisce la promessa. Una spiaggia con un job chair ma senza personale formato non basta. Un aeroporto con percorsi tattili ma con tempi di assistenza imprevedibili non è accessibile: è casuale.
4. Accessibilità è investimento, non costo
Secondo lo European Accessibility Act e diversi studi internazionali, l’accessibilità porta benefici diretti in termini di: ampliamento della base utenti, fidelizzazione, reputazione del brand, allungamento delle stagionalità. L’inclusione non è filantropia: è strategia competitiva. Le destinazioni che lo hanno capito -dalla Spagna al Nord Europa, fino ad alcune realtà italiane virtuose - stanno già vedendo i risultati.
L’Italia tra eccellenze e ritardi: la grande occasione mancata
L’Italia ha un patrimonio culturale unico e una biodiversità territoriale che sarebbe il laboratorio ideale per il turismo inclusivo. Eppure continuiamo a registrarne il potenziale più che i risultati: iniziative locali, progetti pilota, buone pratiche isolate. Ma manca un approccio sistemico, una regia, una standardizzazione delle informazioni, un linguaggio comune. Molte destinazioni stanno facendo passi avanti, dai borghi accessibili alle spiagge attrezzate, dai musei statali con percorsi multisensoriali alle reti di operatori certificati. Ma la verità è che serve un salto di qualità: meno iniziative spot e più politiche lunghe, più investimenti, più coraggio.
Dal 3 dicembre ai 365 giorni: la responsabilità del turismo
La Giornata internazionale delle persone con disabilità non chiede celebrazioni, ma impegni. Nel turismo questo si traduce in tre verbi: ascoltare, progettare, collaborare. Ascoltare le persone con disabilità, coinvolgerle, riconoscerle come esperte delle proprie necessità. Progettare servizi e destinazioni non come adattamenti, ma come spazi intrinsecamente inclusivi. Collaborare tra enti pubblici, privati, associazioni, comunità locali: perché l’accessibilità non è un pezzo del sistema, è l’intero sistema.
E se il viaggio è una delle espressioni più alte della libertà individuale, allora il turismo ha una responsabilità enorme: garantire che tutti possano esercitarla. Il 3 dicembre è un promemoria, non un punto d’arrivo. Il settore turistico italiano può e deve essere protagonista di questo cambiamento, non spettatore. La pari dignità non è un tema. Non è una ricorrenza. È un dovere quotidiano. E riguarda tutti noi.
Gaia Guarino