La pillola del giorno dopo del TTG Travel Experience: quando il business lascia spazio all’incontro umano
Tra stanchezza, vanità e sorrisi sinceri, il TTG Travel Experience ricorda che il vero valore delle fiere resta uno solo: l’incontro umano.
È lunedì e il TTG Travel Experience 2025 è finito: qualcuno porti un defibrillatore emotivo. Grazie.
Perché la pillola del giorno dopo del TTG non è solo fatta di stanchezza, voci rauche e piedi distrutti, ma di quel vuoto strano che ti lascia addosso la fine di qualcosa di bello. Perché, recuperate le ore di sonno perdute (più o meno), archiviati badge e post social, resta quella sensazione un po’ nostalgica: che un fuoco d'artificio si sia spento e tocchi aspettare un altro giro di calendario per riviverne la magia. Ed è inoltre quel momento in cui ci si chiede, come ogni anno, se le fiere servano davvero a fare business o se non siano, piuttosto, grandi momenti d’incontro. La verità, forse, sta nel mezzo.
A dirla tutta, il TTG Travel Experience – che scandisce l’autunno del turismo italiano – somiglia sempre di più a una gigantesca riunione di classe. Quella dove ritrovi persone che magari non vedi per dodici mesi, ma che sai che a ottobre, in fiera, ci saranno. C’è chi arriva con l’agenda piena e le scarpe comode, chi volteggia per ore sui tacchi, chi mette in valigia il sorriso strategico per le foto di rito e la risposta pronta, e chi, dall’alto di un palco e con un microfono in mano, coglie l’occasione per aprire la propria coda di pavone, sciorinando successi o moderando nomi illustri del settore con mal celata vanità – che, ammettiamolo, è ormai parte integrante del copione.
In ogni caso, Rimini resta una certezza.
Che sia per la sua storicità, per abitudine, per la qualità dell’organizzazione o semplicemente perché – diciamolo – oggi non c’è un vero competitor nel panorama fieristico italiano, poco importa. Resta il fatto che da settembre in poi, a ogni evento o conferenza stampa, riecheggia il solito mantra: “Se non ci vediamo prima, ci vediamo al TTG”. Un po’ come dire “Se non ci vediamo prima, auguri di Buon Natale”, ma in salsa travel.
Ma quindi, qual è davvero il valore del partecipare a una fiera oggi? Dove si annida il plus di ‘sbattersi per tre giorni’ tra un A1, C3, B2 e D4 che nemmeno a battaglia navale?
Da un punto di vista giornalistico, certo, c’è la possibilità di ‘collezionare’ notizie fresche, raccogliere interviste senza noiose attese al telefono, e accumulare – per puro spirito sportivo – la certezza di macinare chilometri dentro i padiglioni. Ai quali si sommano, non dimentichiamolo, quelli percorsi per presenziare agli eventi ‘fuori TTG’ fino a tarda notte.
Eppure, nei giorni scorsi mi ha colpito un dettaglio: molti chiamano ancora il TTG Travel Experience col suo vecchio nome, 'TTG Incontri'. Forse perché in un’epoca fatta di (troppe) call su Zoom, e-mail senza fine che intasano la casella di posta e messaggi WhatsApp che lampeggiano a ogni ora, quello che continua a dare senso all’andare in fiera è proprio questo: l’incontro. Quello vero. Quello umano.
Quello che magari non porta subito a un contratto firmato, ma che ci ricorda perché facciamo questo mestiere.
Perché il turismo, prima ancora che business, è relazione. È guardarsi negli occhi, raccontarsi, stringersi la mano, rubare una chiacchiera tra uno stand e l’altro o la sera davanti a un drink nel cosmo di una festa. È il momento offline in cui tutto torna a essere autentico. È la dimensione fisica di un settore che, senza contatto, smetterebbe di esistere.
E se anche in questi tre giorni non siamo riusciti del tutto a disconnetterci (dai, un occhio alle notifiche l’abbiamo dato tutti), speriamo almeno che, tirando le somme, ad avere avuto la precedenza siano stati loro: gli incontri veri, spontanei, sinceri. Perché alla fine, il TTG Travel Experience non è solo una fiera: è il promemoria annuale che, dietro ai loghi, alle strategie e ai numeri, ci sono sempre le persone. E sebbene apparentemente si torni a casa con tanta stanchezza, gadget e – nel mio caso – qualche linea di febbre, resta la sensazione che ne sia valsa la pena. Perché le fiere, in fondo, sono un po’ come i viaggi: si parte esausti e si torna 'a pezzi'...ma felici.
Gaia Guarino