Immagine di sfondo della pagina Fine della meraviglia? Recuperare nuovi occhi in un mondo già fotografato
20 ottobre 2025

C’è stato un tempo in cui viaggiare significava perdersi. O almeno provarci. Oggi, invece, sembriamo diventati viaggiatori onniscienti…e un po’ presuntuosi. Sappiamo già tutto prima ancora di partire: dove dormire, cosa mangiare, quale tramonto “merita” di più, perfino da quale lato del molo conviene scattare la foto. Siamo diventati esploratori che non esplorano più, ma verificano: confermano se ciò che hanno visto sullo schermo è davvero così. Una curiosità dimezzata, quasi burocratica.
E gli agenti di viaggio, in questo scenario, non sono più consiglieri di fiducia ma oracoli assediati. “Ho visto su Instagram…”, “Ma su TikTok dicono che…”, “È vero che quella spiaggia è instagrammabile solo al tramonto?”: domande che arrivano come fossero interrogazioni. E loro, poveri agenti, provano a rispondere con pazienza, ma spesso finiscono per trasformarsi da oracoli a Cassandre: continuano a parlare, ma nessuno davvero li ascolta.

l fatto è che in quest'epoca sembra non esserci più nulla da scoprire. Tutto è stato visto, fotografato, postato. Il mondo intero si è trasformato in un grande catalogo da sfogliare con il pollice. E il viaggio, sempre più spesso, si riduce al gesto di aggiungere il proprio scatto a quella collezione infinita.
Eppure, io la meraviglia me la ricordo bene.
Avevo dodici anni la prima volta che ho visitato Parigi. Di quella città avevo letto solo sui libri di francese delle scuole medie, avevo immaginato i boulevard con i negozi, le luci, il profumo dei croissant. Ma quando - senza preavviso - ho visto la Tour Eiffel brillare nel cielo scuro della sera, mi si è fermato il fiato. Nessuna foto poteva prepararmi a quel momento. Nessuna parola, neanche adesso, saprebbe davvero raccontarlo. È mio, e va bene così.
Adesso, invece, so esattamente quando la Torre inizierà a scintillare. Potrei persino controllarne l’orario su Google Maps! La curiosità c’è ancora, certo, ma è una curiosità addomesticata: non è più la fame di scoprire, ma la voglia di verificare.

E allora qual è oggi la vera sfida del turismo?
Forse è proprio questa: restituire spazio allo stupore. Farci dimenticare per un attimo la mappa, l’algoritmo, l’anteprima. Ricordarci che il viaggio non è solo un luogo da raggiungere, ma un tempo da vivere. Che la sorpresa - quella vera - nasce solo quando smettiamo di volerla controllare. Diceva Marcel Proust che “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Perché, alla fine, un evento o un viaggio possono anche raccontarcelo. Possiamo vederlo in streaming, nei post, nelle storie. Ma esserci - esserci davvero - è un’altra cosa.

Le emozioni non si condividono: si sentono, si vivono, diventano la nostra pelle.
E forse è proprio lì, in quell’istante non postabile, che la meraviglia - testarda - ci aspetta ancora.

Gaia Guarino

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