
L'ultimo Scialoja: 1982 - 1998
"Tornare al gesto, al gesto unico, al grande gesto automatico che annulli la negazione, che annulli l'altro da sè - la prigione....Tornare a una pittura che valga come finale scancellazione dell'inerte", scriveva Scialoja sul "Giornale" nel 1979, mentre la sua opera si popolava di fremiti e irregolarità, nella duplice esigenza di rigore e libertà. La Galleria Edieuropa, sempre molto attenta al lavoro del Maestro (si ricordano le personali del 1969, 1978, 1986 e 1992), dal 9 maggio al 9 luglio 2004, ospita la mostra "L'ultimo Scialoja - 1982-1998", una scelta di opere ultime, dalle carte intelate ad alcune grandi tele, complessivamente circa quaranta opere che vanno dal 1982 al 1998. Una pittura nuova, fortemente incentrata sulla voglia di ritrovare la libertà smarrita, attraverso il ritorno alla luce piena, splendida e assoluta, alla materia, non più guardata con sospetto, e quindi restituita ad una vita sua piena. Il nuovo Scialoja non ha bisogno di asserire univoche certezze, ma ha urgenza di dar figura alla molteplice e fuggente forma della vita. Le opere esposte, circa quaranta, si riferiscono alla produzione dal 1982 al 1998, periodo in cui si riscontra "una conversione decisiva della pittura di Scialoja, conversione legata ad un viaggio fatto a Madrid nel 1982 e all'incontro con il Goya della "Quinta del Sordo". Nasce una pittura senza remore, finalmente libera dai dubbi paralizzanti che l'avevano toccata dalla metà degli anni Sessanta", scrive nel testo in catalogo Fabrizio D'Amico. L'artista torna ad impadronirsi degli "atti elementari della pittura": la luce e la materia; la nozione di luce sarà, dopo una lunga permanenza in Sicilia, a Gibellina, nel 1985, elemento decisivo di distanza rispetto alla sua pittura più antica; la luce farà parte non rinunciabile della nuova immagine di Scialoja, "luce come bagliore, come lampo attuale, come rivelazione drammatica". Sono anni di pittura intensa, frequente, felice.