Immagine di sfondo della pagina Velocità, visione, valore. Walter Sciacca: “La Formula 1 è il nuovo passaporto per lo sviluppo globale”
12 giugno 2025

Visionario, determinato, con lo sguardo sempre proiettato oltre il traguardo: Walter Sciacca è una delle figure più influenti del panorama internazionale del motorsport e dell’innovazione immobiliare legata agli autodromi. Con oltre 35 anni di esperienza nel settore, ha ricoperto ruoli di altissimo livello, tra cui Amministratore Delegato e Direttore dell’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola, contribuendo a scrivere pagine importanti della storia della Formula 1. È consulente internazionale per la realizzazione di circuiti di nuova generazione, fortemente integrati a progetti di sviluppo urbano e immobiliare. È inoltre fondatore, Amministratore Delegato e Direttore Generale di società internazionali impegnate nella creazione di giga progetti che ridefiniscono il concetto stesso di ‘autodromo’. Tra questi, figura il rivoluzionario ‘Luxury Villas & Private Circuit’, premiato a livello globale per il suo approccio futuristico che vede protagoniste ville di estremo lusso con autodromo privato.
In questa intervista rilasciata a Turismo & Attualità, Sciacca ci guida in un viaggio che va oltre la pista, per raccontarci come la Formula 1 sia diventata uno strumento geopolitico, turistico ed economico tra i più potenti al mondo. E perché l’Italia, pur avendo nel Dna l’eccellenza motoristica, rischia di restare ai box.

D: Negli ultimi anni abbiamo assistito a un vero e proprio boom di interesse da parte di Governi e Regni nei confronti della Formula 1. Cosa rende questo sport un veicolo così potente di visibilità internazionale, anche per località fino a poco tempo fa sconosciute?

R: La Formula 1 è molto più di una competizione automobilistica: è un fenomeno globale che intreccia sport, tecnologia, economia e geopolitica. Negli ultimi anni, vari governi e monarchie hanno riconosciuto il suo potenziale come strumento di soft power, marketing territoriale e sviluppo economico.
Tra i fattori chiave che contribuiscono a questo crescente interesse vi è la visibilità e il prestigio internazionale: un Gran Premio porta l'attenzione mondiale sulla città o sul Paese ospitante. Le immagini delle gare, dei circuiti e delle città vengono trasmesse globalmente, aumentando la notorietà di luoghi fino a poco tempo prima sconosciuti. A questo si aggiunge, ovviamente, la ricaduta sul turismo. Ospitare un Gran Premio di Formula 1 genera un ritorno d’immagine così forte da trasformarne l’economia. In molti casi, il flusso di spettatori, media e aziende porta a una crescita esponenziale, creando un mercato totalmente da zero. Esempi emblematici sono circuiti come quello di Jeddah in Arabia Saudita o Baku in Azerbaijan, mete che hanno sfruttato la F1 per inserirsi tra le nuove destinazioni di interesse globale. Oltre alla presenza diretta di visitatori durante l’evento, il fascino della destinazione viene amplificato nel lungo periodo, attirando viaggiatori curiosi di esplorarne le infrastrutture moderne e l’atmosfera dinamica. Questo effetto volano non si limita solo al turismo, ma favorisce investimenti internazionali, migliorando l’attrattività del Paese per aziende e imprenditori alla ricerca di nuove opportunità di crescita.

D: Dagli Emirati Arabi al Qatar, fino alle prossime mete in Africa e Asia: la F1 sembra muoversi secondo logiche che vanno ben oltre lo sport. Quanto conta, oggi, la F1 come catalizzatore di investimenti immobiliari e sviluppo turistico?

R: La Formula 1 è diventata un catalizzatore per investimenti immobiliari e sviluppo turistico, e molte nazioni stanno cercando di entrare nel calendario per sfruttare questa opportunità. Tante sono in lista d’attesa per ospitare un GP, tra cui Sud Africa, Ruanda, Marocco, Thailandia, Corea del Sud, Vietnam e Kuwait. La lista delle aspiranti sedi è lunga!
A guidare questa espansione c’è Stefano Domenicali, Presidente e Ceo della Formula One Group, originario di Imola e figura chiave nella gestione del campionato. Il suo lavoro ha contribuito a rendere la F1 sempre più strategica nel posizionamento delle città ospitanti e nell’integrazione tra sport, turismo e business. Conosco Stefano personalmente da molti anni e lo stimo sia come persona sia come professionista, la sua capacità di orientare il campionato con visione e determinazione ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo della F1 a livello mondiale.  

D: È ormai ufficiale la novità che riguarda Phuket in Thailandia. 4,3 miliardi di dollari per un progetto di sviluppo della French Riviera che include anche un circuito automobilistico. Cosa ci può dire in proposito?

R: È un progetto enorme che prevede la costruzione, a partire dal Q1 del 2026, di un complesso che vedrà la nascita di hotel da 5 a 7 stelle, luxury resort, una marina privata e uno yacht club. Si aggiungeranno stadi, convention center, sale concerto, un casinò e appunto un circuito pronto per ospitare un GP di Formula 1. 

D: Il Marocco, invece, appare come una novità soprattutto per la visibilità e il ritorno economico che potrebbe avere per tutto il Nord Africa. Cosa si sa a oggi di questa possibile apertura alla F1?

R: Il Marocco si è candidato per riportare la Formula 1 in Africa, dove manca da più di 30 anni. Il Paese ha previsto 1,2 miliardi di euro di investimenti per la costruzione di un nuovo autodromo dotato di infrastrutture all’avanguardia. Oltre al circuito, il progetto prevede la realizzazione di un grande centro commerciale, un porto turistico, un aeroporto e un imponente sviluppo immobiliare residenziale, volto a consolidare il Marocco come nuova destinazione per gli affari e per il motorsport. Quindi, non si tratta solo di una gara: ogni Gran Premio è una vetrina, una dichiarazione di intenti e un'opportunità per posizionarsi nel panorama mondiale. 

D: Il caso di Abu Dhabi è emblematico: un investimento colossale che ha portato a una trasformazione urbana e turistica. Possiamo parlare di un ‘modello F1’ di sviluppo economico replicabile in altri contesti?

R: Il modello F1 di sviluppo economico è assolutamente replicabile, adattandosi alle caratteristiche specifiche di ogni Paese ospitante e trasformandosi in un potente strumento per lo sviluppo del turismo.  
Il caso di Abu Dhabi è particolarmente emblematico: l’introduzione del Gran Premio ha fatto da catalizzatore per una trasformazione urbana e turistica senza precedenti. Il circuito di Yas Marina non è solo una pista, ma il fulcro di un’area di intrattenimento che include hotel di lusso, parchi a tema come il Ferrari World, porti turistici e infrastrutture che hanno reso l’Emirato una destinazione per il turismo e gli affari.  
Questo modello è stato replicato con successo in altri contesti, come in Arabia Saudita, dove Jeddah ha visto un’urbanizzazione accelerata attorno al suo GP, o in Azerbaijan con la trasformazione di Baku, creando nuovi poli turistici di rilevanza internazionale. 

D: In Italia abbiamo una tradizione motoristica straordinaria e un brand come Ferrari che è già sinonimo di attrazione globale. Secondo lei, il nostro Paese sta sfruttando appieno il potenziale turistico ed economico legato alla Formula 1?

R: Il Gran Premio di Imola sarà fuori dal calendario della Formula 1 già dal 2026, e il motivo principale è legato agli aspetti economici. Organizzare un GP richiede investimenti ingenti e la capacità di sostenere i costi legati alla Promoter Fee, il pagamento necessario per garantire la presenza della gara nel mondiale di F1. Senza finanziamenti adeguati, diventa difficile mantenere l’evento, soprattutto in un contesto globale in cui nuovi Paesi emergenti investono miliardi per entrare nel calendario.  
Per quanto riguarda Monza, la storica sede del Gran Premio d’Italia, la situazione economica è altrettanto cruciale. Il circuito necessita di importanti investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture, sia per adeguarsi agli standard richiesti dalla Formula 1 sia per migliorare l’esperienza dei tifosi. Tuttavia, non mi è ancora chiaro se ci siano concretamente le risorse finanziarie necessarie, tanto per i lavori di ristrutturazione quanto per il pagamento della Promoter Fee. Sembrerebbe di sì, quindi non ci resta che aspettare. 

D: Possiamo dire, dunque, che l’aspetto economico non è un fattore da cui si possa prescindere.

R: Esattamente. Questi casi evidenziano come l’aspetto economico sia determinante per la permanenza di un Gran Premio nel calendario F1. Senza un supporto finanziario stabile da parte di enti pubblici, sponsor e investitori, anche circuiti leggendari come Monza rischiano di perdere il proprio posto, lasciando spazio a nuove mete con maggiori capacità di investimento. L’Italia ha sempre focalizzato la propria attenzione sulla tradizione dei Gran Premi, senza sviluppare un ecosistema più ampio legato alla Formula 1, come invece hanno fatto altre nazioni. Questo potrebbe dipendere dal fatto che il nostro Paese è già tra le cinque destinazioni più visitate al mondo, con un turismo consolidato, e probabilmente si pensa che non necessiti degli eventi sportivi per attrarre visitatori. Se così fosse, a mio avviso, sarebbe un errore.  
Un altro fattore chiave è la scarsa attrattività per gli investitori internazionali. La pressione fiscale elevata e una burocrazia complessa rendono difficile la creazione di progetti di vasta scala, limitando la possibilità di seguire un modello di sviluppo legato alla F1 come quello adottato in altri Paesi. Di conseguenza, il potenziale economico e turistico della Formula 1 potrebbe essere sfruttato in modo più strategico. Senza un approccio aperto agli investimenti e un piano di lungo termine, sarà difficile per il nostro Paese competere con chi ha invece trasformato la F1 in un volano di sviluppo globale.

D: Alcune regioni italiane stanno puntando sul turismo esperienziale e sull’attrattività legata ai motori, anche attraverso musei, autodromi ed eventi locali. Quali potrebbero essere - a suo avviso - le aree d’Italia con maggiore potenziale per sviluppare un modello F1-oriented come leva di rilancio territoriale?

R: L’Italia possiede un legame storico e culturale con il motorsport, e il turismo esperienziale legato ai motori sta emergendo come un’opportunità per alcune regioni.  
Un modello di successo è senza dubbio la Motor Valley in Emilia-Romagna, un territorio che ha saputo integrare la sua tradizione motoristica con il turismo, attirando visitatori da tutto il mondo grazie alla presenza di marchi iconici come Ferrari, Ducati, Lamborghini, Pagani, Maserati, Dallara, etc. Musei, factory tour e autodromi come Imola e Misano offrono un’esperienza immersiva a chi è appassionato di motori, dimostrando come il settore possa diventare una leva di sviluppo per l’economia locale.  
Se guardiamo oltre la Formula 1, una regione con un grandissimo potenziale turistico legato al motorsport è la Sicilia, che vanta Floriopoli e la Targa Florio, la gara più antica al mondo. Questo patrimonio storico potrebbe essere valorizzato con eventi, musei e iniziative che riportino in auge il fascino della competizione. Tuttavia, manca una visione concreta per sviluppare progetti strutturati, e come già detto, gli investitori spesso si mostrano cauti per via della pressione fiscale e della burocrazia, elementi che ostacolano l'implementazione di iniziative private. 

D: Si tratta di un’occasione - ancora una volta - irrimediabilmente persa?

R: In Italia è difficile riuscire a realizzare nuovi autodromi. Negli ultimi 20 anni, ci sono stati una decina di progetti in diverse regioni, alcuni dei quali sono arrivati, dopo un decennio, a ottenere tutte le autorizzazioni. Gli investitori, però, nel tempo hanno perso interesse anche e soprattutto per le ragioni già citate. Oggi realizzare un nuovo autodromo nel nostro Paese è altamente improbabile ma certamente non impossibile se dovessero cambiare le condizioni. Condizioni che, se mutassero, porterebbero benefici in termini turistici e quindi economici per tutta la filiera coinvolta.

Gaia Guarino

Cerca