Fiere, ma non solo. Da lì si va alla “scoperta” e alla valorizzazione del territorio. Questo è la mission di B-Leisure messo a punto da Explora società voluta da Regione e Unioncamere Lombardia. Il progetto che prevede undici press tour su altrettanti poli fieristici, o aere di particolare valore economico, ma anche turistico. Il programma, avviato da qualche tempo, sta ottenendo un elevato successo; grazie ai servizi giornalistici si sta registrando un vero e proprio flusso nelle aeree messe in evidenza da Explora. “Molti dei poli fieristici lombardi – dicono a Explora - si collocano all’interno di alcune delle più belle aere della regione con parchi, ville, dimore e borghi pieni di storia. L’obiettivo è che i visitatori delle fiere dedichino anche tempo a visitare anche quel che c’è fuori della fiera, prolungano la loro permanenza a riscoprire il territorio con le sue bellezze e i suoi prodotti”. Allo scopo è stato predisposto una sorta di Passaporto in Lombardia cui si può far mettere un timbro per ogni meta visitata.
Occasione ghiotta la fiera Millenaria, che dal 2 al 10 settembre richiama migliaia di visitatori mettendo in mostra anche le ricchezze di Gonzaga e del Mantovano. La Millenaria è di una delle fiere più importanti relativamente all’agricoltura, all’allevamento e alle novità delle macchine del settore, che vanta anche una parte storica con macchine e attrezzature del passato dove un’esposizione di trattori d’antan fa la parte del leone. Del resto dove poteva nascere e crescere una vetrina che dal 1490 mette in mostra tutte le novità e i progressi del settore? Il Mantovano, infatti, è terra fortunata per l’agricoltura, si può dire che qualsiasi specie vegetale abbia trovato il suo habitat ideale e come complemento primario c’è l’allevamento, tra i più qualificati del Paese. Insomma: la Millenaria è parte integrante del territorio sia per chi opera nel settore sia per chi voglia andare a riscoprire le proprie radici. Lo diceva bene il poeta, pittore, insegnante, educatore Ettore Alari, già cittadino benemerito di Gonzaga, che alla fiera ha dedicato tante sue poesie. Una di queste termina così: “Nisuna féra gh’è, in nisuna plaga / che bagna ‘l nas a chesta’d Gunsaga” (Non c’alcuna fiera, in nessun territorio, che bagni il naso a questa di Gonzaga).
Giustamente orgoglioso per il successo di anche quest’anno è il presidente della Millenaria Giovanni Sala: “Oltre un centinaio di eventi, 500 espositori e contiamo di superare le 100mila presenze delle altre edizioni”. Assai soddisfatto il sindaco di Gonzaga, Claudio Terzi: “La fiera mantiene un forte legame con la tradizione, ma presenta anche non poche novità. Quest’anno non si potrà mancare al padiglione di Mantova Golosa dove sono valorizzate le ricchezze agroalimentari ed enologiche della nostra terra”. Uomo-immagine anche quest’anno lo chef Simone Rugiati che ha eseguito alcune sue creazioni gastronomiche riscuotendo un notevole successo. Ha detto anche una parola di “pace” tra i due prodotti caseari storici e in competizione: il grana padano (di là) e il grana reggiano (di qui): “Non sono rivali, sono diversi: inutile quindi i campanilismi”. Un’ulteriore conferma che la Millenarie è fiera molto importante, autentica vetrina dell’economia mantovana, è arrivata dall’assessore regionale Mauro Parolini , ( Sviluppo economico, con delega al sistema fieristico : “Questa Fiera ci permette di cogliere che quei numeri che finalmente cominciano a segnalare una ripresa robusta, come l'incremento del Pil e quello, ancora superiore, delle esportazioni, trovano riscontro nel sentimento di chi lavora”.
L’assessore regionale Gianni Fava ,Agricoltura, con delega all'agroalimentare, ha sottolineato alcuni numeri della Millenaria: “120mila metri quadrati di area fieristica, 500 espositori, 87 ore di apertura al pubblico, oltre 1.000 addetti impegnati, 130 eventi in programma, 150 bovini iscritti, 18 show-cooking. E poi focus su Politica agricola comune, filiere agroalimentari, qualità dei prodotti, eventi zootecnici”. Scusate se è poco.
A due passi da Mantova, con Palazzo Ducale, Palazzo Te, Castello di San Giorgio con reminiscenze operistiche (Rigoletto docet), c’è San Benedetto Po, anticamente San Benedetto in Polirone (zona insulare formata da due fiumi: il Po e il Lirone), dove è visitabile l’imponente complesso monastico. Purtroppo è uno dei tanti siti negletti, ma che meritano un più ampio riconoscimento. Tanto per cominciare, ci è passata una parte della storia: Tedaldo di Canossa ha dato il via alla costruzione del monastero benedettino, ma poi c’è una presenza immanente, quella di Matilde di Canossa con la quale Tedaldo divide la grande piazza antistante la chiesa abbaziale per cui ha lavorato un artista di prima grandezza, Giulio Romano, con opere pittoriche e architettoniche. Il complesso monastico ha avuto mille anni di vita, prima che la soppressione degli ordini religiosi decretata da Napoleone, ne avviasse la definitiva decadenza. Da quegli anni la spogliazione e il saccheggio di un po’ di tutto quanto era asportabile. Poi, un lento, intelligente recupero e restauro hanno permesso di dare al visitatore l’opportunità di andare alla scoperta di un complesso storico-monumentale primario. A cominciare dalla chiesa abbaziale, che dapprima abbaglia per la luce della facciata e poi perché all’interno conserva mosaici risalenti all’anno Mille e statue di santi in terracotta, pale d’altare. Oltre a Giulio Romano han lavorato altri artisti, come Antonio Begarelli, Girolamo Bonsignori, Fermo Ghisoni… Il refettorio monastico conserva un affresco attribuito al Correggio. Imperdibili, i chiostri, e su questi si affacciano quelle che furono le celle del centinaio di monaci; in una di queste vi ha soggiornato anche Martin Lutero. Poi da vedere il museo polironiano, e le antiche cantine dove vi è una raccolta storica di carri adibiti al raccolto e al trasporto delle uve.
Terra religiosa il Mantovano, ma anche assai pratica. Insieme con le cerimonie e gli eventi religiosi vi era sempre anche un aspetto economico. Curtatone, per esempio, oltre a essere noto per gli eventi della guerra d’indipendenza, era già noto nel 1399, quando Francesco Gonzaga ha voluto realizzare il santuario intitolato alla Beata Vergine delle Grazie consacrato solo sette anni dopo. Con il santuario, edificato anche il convento assegnato ai Frati Minori di San Francesco. Sull’immenso sagrato del santuario è nata la fiera di prodotti agricoli e alimentare che si sviluppava nei giorni a ridosso della festa dell’Assunta. In quei giorni la fiera diventava una sorta di duty-free soprattutto per i generi alimentari che si potevano acquistare o scambiare “senza datio né gabella alcuna”, ma solo “a minuto et non ingrosso”. La fiera del bestiame è andata via via scemando di interesse fino agli anni Settanta. Una nuova vita la grande piazza del santuario l’ha avuta con l’arrivo dei madonnari che ogni anno lasciano sul selciato centinaia di dipinti di grande qualità. L’interno del santuario è straordinariamente unico. Tanto per cominciare appeso vi è un coccodrillo, simbolo di tutto il male del mondo e le pareti ospitano una quarantina di statue in varie pose, alcune, da accapponare la pelle per il realismo, mostrano condannati alla pena capitale. Insomma. c’è di che da programmare una visita.
Mantova e dintorni, si sa, è anche terra di lambrusco. Un vino “sincero” di pronta beva. Un vino soggetto un po’ ad alti e bassi. Vive momenti di vivo interesse nei quali viene valorizzato su giornali e riviste del settore, e altri in cui viene dimenticato e relegato a una sorta di vino di serie b. Invece, se si lavora sodo e ci si mette la sapienza antica e moderna, il risultato è un vino di qualità. Non paragonabile lontanamente a vini come barolo o brunello, ma che sulle tavole ci sta sempre bene. Del resto anche il prezzo è lontano dai vini coronati, per questo accessibile a tutti. Ci tengono a rimarcare questo e a far vedere la passione che ci mettono alla Cantina Gonzaga, nata nel 1700 e che dal 1928 produce lambrusco mantovano “rispettosi della tradizione e capaci di stupire i palati più esigenti”, come dice un loro slogan. Un centinaio di soci che conferiscono le varie qualità di uve lambrusco, così da mettere sul mercato un milione di bottiglie l’anno con le varie etichette, più una buona quantità di vino sfuso. Il lambrusco, si sa, è vivace e fresco prodotto sia in rosso sia vinificato in bianco. Il metodo di vinificazione è sostanzialmente quello del prosecco (metodo Martinotti). Non ci sono costose botti e barrique, non va conservato a lungo, in pratica è da bersi da un anno con l’altro: per queste ragioni, insieme con un’alta produzione in vigna, 180 quintali per ettaro, si giustificano i costi contenuti. “Senza andare a discapito della qualità”,come assicurano alla Cantina Gonzaga, che offre una ospitalità eccezionale.