Seconda puntata dell'inchiesta firmata Elisabetta Canoro, online sul nostro magazine, che analizza gli scenari del turismo dopo la pandemia di coronavirus. Riflettori concentrari sull'asse Italia-Stati Uniti, un'alleanza strategica e fondamtale per il turismo di entrambe le destinazionii
Rilevante nel cogliere l’andamento di numerose imprese ed aziende dell’intera filiera del settore, a livello internazionale, è sicuramente la dinamica tra Italia e USA. È Olga Mazzoni, ceo and President Thema Nuovi Mondi, ex presidente di VisitUSA Italy (oltre 40 anni di competenza ed un’esperienza sul prodotto), a guidarci nel tracciare un ‘parallelismo’ proprio tra lo Stivale e gli States, in virtù del significativo rapporto di scambio tra i due Paesi sul fronte del Turismo e dei Viaggi: “Da anni gli Stati Uniti sono la meta a lungo raggio preferita dal viaggiatore italiano”, spiega Mazzoni, “L’Italia costituisce il quarto mercato europeo per l’America, con percentuali di visitatori consolidate e stabili da quattro anni, e un buon numero di repeaters”, senza dimenticare che anche nel 2019 è stato vincitore del Premio Italia Travel Awards come Migliore Destinazione estera votata dai viaggiatori.
“Al contempo, il numero di americani che viaggiano per turismo in Italia ha dimostrato che il Brand Italia è riuscito a posizionarsi negli Stati Uniti molto positivamente, con una crescita stimata attorno al 6,6% (CISET- International Centre of Studies on the Tourism Economy). Complessivamente, i flussi dell’incoming nel solo 2019 hanno registrato oltre 4 milioni di visitatori americani, divisi tra viaggi vacanza, di lavoro e congressuale”, ci racconta.
“Il mercato USA è d’altro canto uno dei più allettanti per la sua grande consistenza numerica (330 milioni abitanti), altamente vitale, estremamente competitivo e diversificato, tanto da richiedere costantemente una proposta innovativa e inedita, sempre di alta qualità”, continua. Si tratta di un territorio vastissimo ed eterogeneo, mai scontato: “È interessante il fatto che aree geografiche di attestata popolarità ed interesse da parte dei viaggiatori sia italiani negli Stati Uniti, sia americani in Italia, abbiano lasciato spazio anche ad altre aree, città e regioni, che hanno cominciato così ad intercettare flussi turistici ‘nuovi’, capaci di apprezzarne le peculiarità storiche, paesaggistiche e gastronomiche”, ci spiega l’ex presidente.
A confermarlo è l’esperienza diretta di esperti come Paola Corsi di Maniman Tour di Genova: “Il 2020 era partito benissimo”, ci racconta, “l’interesse per la destinazione cresceva, soprattutto con la richiesta di itinerari inediti: i vacanzieri sono diventati veri e propri viaggiatori, curiosi, preparati, attenti e desiderosi di scoprire altre mete statunitensi, fuori dai circuiti più conosciuti e battuti”.Un interesse ‘reciproco’, ci spiega Mazzoni: “Per l’Italia è significativo il caso della regione Lombardia, che si è saputa ritagliare uno spazio a riguardo, nella classifica delle mete maggiormente visitate dagli americani, probabilmente anche grazie all’effetto positivo di Expo 2015”.
È sempre la Mazzoni a porre l’accento su un altro aspetto rilevante, il trend positivo dei primi mesi del 2020 del turismo ‘da e verso l’America’: “Tutto questo sta succedendo in un momento storico che aveva a tutti gli effetti lasciato presagire che sarebbe stata un’ottima annata, sia come incoming sia come outgoing con gli Stati Uniti”. L’Italia, dal canto suo, nei primi due mesi del 2020 già mostrava un vivace trend di crescita con un incremento stimato tra 2 a 2,9% secondo CISET e NTTI (National Travel and Tourism Office).
“Era un anno fantastico”, conferma Gabriella Poli, titolare dell’agenzia Controvento di Sarnico e specialista sulla destinazione, “al 23 febbraio, data dello stop, avevamo già registrato un aumento del 10% delle pratiche rispetto al 2019. Ho aderito otto anni al programma VisitUSA Italy, che mi ha permesso di acquisire notevole esperienza sugli itinerari americani, inclusi fly&drive fatti in America e Canada, fidealizzando così i clienti. Ora serve rassicurarli e serve prudenza, ricominceremo da piccoli passi poi ricominceremo a viaggiare anche sul lungo raggio”.
“Siamo partiti con un +8% rispetto al 2019”, ci conferma Giuliano Ceci, titolare dell’agenzia Poerio di Napoli, voce autorevole, con 32 anni di esperienza nel settore: “È la crisi più nera che io ricordi, una guerra senza bombe, in due mesi è stato spazzato il lavoro di un anno, tutto slitterà al 2021. Ora la mia priorità è salvare la mia azienda poi punterò sull’incoming e la vendita online”, ci spiega, “ora dobbiamo essere fermi e lucidi, dobbiamo tenere in Italia la creatività, i talenti. La fidealizzazione dei nostri clienti nasce dalla nostra credibilità, dalla competenza, si fidano di noi per l’esperienza e la serietà che abbiamo sempre dimostrato”.
Le attuali previsioni stimano al contrario che saranno 18 milioni i turisti in meno (il 23%) a visitare gli Stati Uniti nel 2020 rispetto al 2019: un calo che interesserà tutti i mercati, non solo quello italiano, con meno turisti provenienti soprattutto dall’Asia e dall’Europa, per una perdita di $ 49 miliardi di spesa internazionale. Viceversa, rispetto al nostro Paese, da marzo sono iniziate le cancellazioni da parte della clientela americana, quando l’Italia è entrata nella morsa infettiva.
Si tratta di una crisi senza precedenti per il comparto: nel 2001 l’11 Settembre aveva visto il 50% di declino nel settore alberghiero e dell’aviazione, ma questa crisi è sei volte superiore. Nel 2003 la Sars aveva fatto registrare in soli sei mesi una perdita di circa 9,4 milioni di turisti internazionali e tra i 30 e 50 miliardi di dollari secondo il World Bank Group.
Un calo di 355 miliardi di dollari nella spesa per viaggi negli Stati Uniti quest’anno si tradurrà in una perdita economica totale di 809 miliardi di dollari nell’economica, oltre sei volte i danni sulle entrate causati dall’11 settembre. Il devastante impatto sul PIL degli Stati Uniti continuerà ad accumularsi fino a fine anno, incidendo complessivamente con $ 450 miliardi, ovvero 31% del valore economico del travel nel 2019. Negli Stati Uniti verranno persi 4,6 milioni di posti di lavoro a causa del calo dei viaggi. Il tasso di disoccupazione salirà al 6,3% nel secondo trimestre, con un totale di 355 miliardi di dollari persi. Oggi a rischio negli Stati Uniti sono proprio le 140.000 agenzie di viaggio, rappresentate per il 98% da piccole imprese.
A questi si sommano 108.000 posti di lavoro nelle agenzie al dettaglio e circa 40 mila consulenti di viaggio indipendenti (fonte ASTA). Le entrate del settore dei viaggi saranno in media del 75% inferiori a marzo e aprile, in estate si prevedono cali di riduzione graduale in quanto le restrizioni ai viaggi vengono allentate, tuttavia le perdite continueranno per il resto dell’anno, toccando il punto più basso nel secondo trimestre 2020. Da sole saranno sufficienti per spingere l’economia americana nella recessione.Le perdite del settore dei viaggi supereranno di gran lunga quelle di qualsiasi altro settore. La più grande opportunità per mitigare queste perdite è ridurre il tempo necessario per un recupero con una strategia specifica.
Ne sono consapevoli i protagonisti della Travel Industry americana che, sotto l’egida della U.S. Travel Organization presieduta da Roger Dow, con una lettera del 20 marzo si rivolgono al Senato chiedendo un immediato intervento finanziario per far fronte economicamente all’improvviso e devastante impatto della pandemia. L’industria, che da sola genera 2.6 trilioni di dollari e direttamente rappresentata da 9 milioni di lavoratori americani, coinvolgendo però complessivamente 15,8 milioni di posti di lavoro, abbracciando diversi settori, dall’intrattenimento ai trasporti, dal congressuale al food&beverage, per l’83% costituita da piccole imprese, chiede che venga appoggiato il Coronavirus Aid, Relief and Economic Security Act, che garantisca, tra gli altri, 300 miliardi di dollari per le piccole imprese; sgravi fiscali per compensare le perdite economiche e il ritardo di pagamenti (fiscali).
Sfortunatamente l’arresto senza precedenti dell’economia dei viaggi richiede una risposta ancora maggiore e più aggressiva per impedire a milioni di americani di perdere il lavoro, si legge. Secondo l’ultima analisi di Tourism Economics, fatta in collaborazione con la US Travel Association, 4,6 milioni di americani, il 50% della forza lavoro del settore dei viaggi, potrebbe perdere il lavoro entro la fine di aprile, portando così la disoccupazione al 6,3%, posti che non verranno recuperati con la ripresa dei viaggi. Ecco perché servono 150 miliardi di dollari per i sussidi, oltre a portare a 150 miliardi l’importo del prestito alle imprese in difficoltà e 10 miliardi di dollari per le sovvenzioni aeroportuali.