Terza puntata dell'inchiesta firmata Elisabetta Canoro, online sul nostro magazine, che analizza gli scenari del turismo dopo la pandemia di coronavirus. Riflettori puntati sull'hotellerie.
Chiedono un pacchetto di interventi urgenti e indifferibili anche i ceo delle principali catene americane convocati da Donald Trump. Tra loro, Christopher Nassetta, ceo di Hilton Worldwide, gruppo con qualcosa come 6.000 hotel in 80 Paesi del mondo, di cui 4.500 negli Stati Uniti, con circa 450.000 dipendenti, di cui 260.000 in America: “Abbiamo superato tante crisi, ma nessuna di questa entità”, dice al Presidente. Gli fa eco David Kong, ceo Best Western, un gruppo da 5.000 hotel nel mondo, di cui la metà negli Stati Uniti, con circa 10.000 dipendenti: “Questo è un periodo davvero duro per noi. Dobbiamo supportare i nostri affiliati, uno di loro, nonostante possieda circa differenti brand, lamenta di dover licenziare centinaia di dipendenti, alcuni in servizio da 20 o 30 anni”, racconta.
È invece Arne Sorenson, ceo di Marriott International a parlare a nome della multinazionale americana che gestisce e concede in franchising numerose strutture ricettive: “Abbiamo circa 750.000 dipendenti, di cui due terzi negli Stati Uniti, per un totale di 1.4 milioni di camere. Sappiamo che a gennaio, in Cina gli affari sono diminuiti del 90% - nella terza settimana di gennaio, come sta accadendo qui. A Macao per esempio, pensiamo di aver toccato il fondo con il 2% di occupazione, ma stiamo perdendo ogni giorno. Dipendenti e liquidità sono ora le nostre priorità”, sottolinea.
Non è meno preoccupato Elie Maalouf, chief executive di InterContinental Hotels Group: “Abbiamo circa 6.000 hotel nel mondo, di cui 3.800 negli Stati Uniti, più di 530.000 posti letto. L’80% di questi sono di proprietà di piccoli imprenditori in 50 Stati, in ogni parte del globo”, evidenziando come nl mondo, ma anche negli Stati Uniti, l’industria del turismo sia fatta per lo più da piccole e medie imprese.
Anche in Italia per gli alberghi la situazione è drammatica.
In Lombardia, per esempio, la regione più colpita, Federalberghi Milano Lodi Monza e Brianza, stima, come fatturato di solo camere, un calo generale dei ricavi per il comparto di oltre 100 milioni di euro a marzo e più di 160 milioni di euro in aprile. “Considerando anche i servizi di ristorazione e sale riunioni con meeting ed eventi annullati”, spiega il presidente degli albergatori Maurizio Naro, “arriviamo ad una perdita complessiva di fatturato di oltre 350 milioni di euro”. Le 55.000 camere cancellate dal 1° marzo fino al 30 aprile servivano ad eventi fieristici di primo piano come Expocomfort e il Salone del Mobile, prima spostati poi definitivamente cancellati.
A Milano restano solo 1.000 camere disponibili (tra l’altro usate per lo più soprattutto per l’emergenza) a fronte di una disponibilità, in tempi normali, di 35mila camere. Secondo i dati Cerved l’ospitalità è il settore con la performance peggiore, seguito a breve distanza da agenzie di viaggio, tour operator e strutture ricettive extralberghiere che, in uno scenario ottimistico, subiranno fino a maggio una perdita superiore al 37% rispetto al 2019 e saliranno ad oltre il 73% fino a dicembre. Se in un primo tempo si è parlato di arresto dei viaggi e ripresa entro giugno, infatti, si comincia più realisticamente a parlare di settembre-ottobre.